Roberto Burle Marx

L’anno scorso durante una delle mie permanenze a Rio de Janeiro, questa volta in compagnia di una amica – appassionata di giardini e di botanica- per la prima volta in Brasile, non ho potuto fare a meno di condurla a visitare il Sítio Roberto Burle Marx. Già percorrendo il viale che, oltrepassato il cancello d’ingresso e la biglietteria, sale verso il punto di raccolta dei visitatori, notavo i suoi occhi illuminarsi osservando le solide palme che lo costeggiano. 

la mia amica in 
contemplazione natura

Parlare di Roberto Burle Marx non è facile perché molto è già stato scritto su di lui, tuttavia cercherò di tracciarne un profilo sulla base della meraviglia e delle emozioni che suscitano le sue opere e la sua immensa creatività. Roberto Burle Marx è stato il più famoso architetto paesaggista brasiliano, che ha rivoluzionato e ricreato gli spazi verdi, ma non solo, è stato designer di gioielli e tessuti, pittore e scultore, scenografo teatrale, appassionato collezionista d’arte, e -come lui stesso si riteneva- anche “baritono di talento, chef di consumata esperienza nonché botanico autodidatta dal piglio visionario.” Probabilmente l’energia creativa e la voracità espressiva furono le condizioni per contenere e influenzare il modernismo carioca che a partire da gli anni Trenta attecchì anche in Brasile.

Nato nel 1909 a San Paolo, da madre cattolica e padre ebreo, nel 1913 si trasferisce a Rio de Janeiro dove trascorre il resto della sua vita. Roberto Burle Marx è cresciuto in una famiglia che ha trasmesso l’amore per l’arte e la musica a tutti i suoi sei figli. Il padre, uomo d’affari, riuscì a fornire loro i mezzi necessari per sviluppare una ricca educazione artistica. È a Berlino (Paese natio della madre), dove a diciotto anni si reca per curarsi una malattia agli occhi, che il giovane Burle Marx scopre il valore estetico della foresta davanti a una serra di piante tropicali brasiliane nel Giardino Botanico della città. 

“Un giardino è fatto di luce e suoni, le piante sono coadiuvanti.” RBM

Il Sítio de Santo Antonio da Bica, una tenuta di ben 405 mila mq si trova a ovest di Rio de Janeiro, nella Barra de Guaratiba. Il Sítio comprende il giardino, la residenza, una piccola cappella del XVII secolo e il vastissimo orto botanico/laboratorio dedicato alla flora brasiliana. Una sommatoria di spazi e di colori, di forme e odori, che ne fanno una sorta di complesso e significativo ‘autoritratto paesaggistico e culturale’ del suo artefice, in cui la passione e la conoscenza della botanica, assunta come valore della cultura del proprio Paese, si unisce alla sensibilità per le arti visive e alla propensione dell’essere ‘moderno’.

Abbiamo contattato Suzana Bezerra, biologa che lavora nel Sítio, per farci raccontare che cosa è oggi il Sítio e quali sono le prospettive, lei gentilmente ci ha aperto uno squarcio “dal di dentro” della meravigliosa eredità di questo uomo. “Oggi il Sítio” ci dice “ha due importanti progetti in corso: il primo è la candidatura a patrimonio mondiale Unesco, per questo è stato preparato un dossier con oltre 600 pagine, in cui si descrive principalmente il suo eccezionale valore universale, sia perché qui nel Sítio in Barra de Guaratiba, Burle Marx ha potuto realizzare tutto il suo potenziale paesaggistico, sia perché ha portato qui specie e varietà di piante dalle spedizioni che ha fatto durante la sua vita, per comprendere la loro biologia, ecologia ed estetica, e poterle poi adattare ai suoi progetti. Ciò gli ha anche permesso di creare giardini paesaggisticamente molto diversi. Il risultato della candidatura doveva essere divulgato a giugno di quest’anno, ma a causa della pandemia probabilmente sarà posticipato. Il secondo grande progetto, finanziato dalla Brazilian Development Bank per circa 5 milioni di R$ ha come obiettivo la riqualificazione del Sítio per fornire condizioni migliori al visitatore. Si sta lavorando su più fronti, quali: l’esposizione delle opere con l’installazione di risorse multimediali per una maggiore interazione con il pubblico, il restauro di alcune opere d’arte, la digitalizzazione della collezione che servirà come inizio di un catalogo raisonné da mettere a disposizione del pubblico, il settore educativo con l’inserimento di nuovi modi di ricevere i piccoli visitatori, l’accessibilità con l’installazione di rampe, il livellamento del pavimento e l’inserimento di mappe tattili per gli ipovedenti. Infine, si sta predisponendo un’audioguida, in portoghese, inglese, spagnolo e una descrizione audio per i non vedenti.”

Nel 1985, nove anni prima della scomparsa di Burle Marx, il Sítio è stato donato all’Istituto del Patrimonio Storico e Artistico Nazionale (IPHAN), che è da allora responsabile del mantenimento dello spazio e della memoria di Roberto Burle Marx, preservando l’eredità da lui lasciata. Il Sítio riceve in media 13 mila visitatori all’anno e promuove eventi incentrati sul paesaggio, sulla musica classica, e ancora, ospita spettacoli di canto corale, gruppi di viola caipira, con l’obiettivo di avvicinare sempre di più il pubblico e la comunità circostante. Queste manifestazioni trovano spazio nel grande padiglione che Burle Marx ha pensato come scuola di paesaggismo, botanica e arte in generale. Qui si svolgono anche seminari di architettura paesaggistica. I progetti in corso di realizzazione mirano ad aumentare la disponibilità della collezione per i ricercatori, e uno in particolare è quello di trasformare la “casa di pietra” in rifugio per ricercatori e in residenza artistica.

Burle Marx venne a vivere a Rio de Janeiro all’età di 3 anni, quando la famiglia si trasferì in un piccola casa a Leme e, in quello spazio, tutto ebbe inizio. La madre aveva un roseto e la sua tata un piccolo orto, così fin da bambino è entrato in contatto con le piante. A Rio poi incontrò Lúcio Costa, che viveva nella sua stessa strada, ed è stato lui ad incoraggiarlo a realizzare giardini. Fu Lúcio Costa che lo invitò a fare il suo primo progetto per una casa in Rua Raul Pompeia a Copacabana. A Rio, Burle Marx ha realizzato tra i suoi più grandi progetti paesaggistici quali l’Aterro do Flamengo e il Calçadão de Copacabana. Roberto Burle Marx ha lasciato per testamento l’ufficio di paesaggistica e tutti i progetti di architettura paesaggistica al suo socio Haru. L’Istituto a lui intitolato è venuto più tardi ed è oggi coordinato dalla figlia di Haru, Isabela Ono.”

Chi era Burle Marx e come era la sua giornata tipo? Era un uomo semplice, molto appassionato della natura, si incantava ad ogni nuova fioritura e per ogni nuova pianta delle sue collezioni. I giardinieri più anziani dicono sempre che quando era a Rio passeggiava almeno due volte al giorno nel Sítio, la mattina diceva ai giardinieri cosa sarebbe stato necessario fare durante il giorno, e quando tornava dall’ufficio di progettazione paesaggistica, che si trovava a Laranjeiras , faceva un’altra passeggiata per vedere come erano andate le cose. Gli piaceva ricevere amici per pranzi, cene e feste; in queste occasioni cantava anche arie d’opera per intrattenere gli ospiti, ed è stato per questo motivo che negli anni ottanta fece costruire una sala da festa, ora conosciuta come Cozinha de Pedra.

E per te Suzana, cosa significa lavorare in questo posto? Difficile rispondere … Sono entrata nel Sítio nel 2005, per uno stage con la facoltà di biologia. Le piante mi sono sempre piaciute, ma non avevo mai sentito parlare di Burle Marx, è stato un colpo di fortuna. Mi sono iscritta per rimanere sei mesi e ci sono già da quasi 15 anni. Vengo da una scuola superiore di biologia, non ho visto quasi nulla di arte per tutta la vita e provengo da una comunità di un sobborgo di Rio de Janeiro. Quando sono entrata per la prima volta nel Sítio, non riuscivo nemmeno a immaginare che potesse esistere un posto del genere e che tutto fosse stato progettato da un solo uomo, sono diventata la fan numero 1! Il Sítio per me non è solo un lavoro, è una passione; ho capito l’importanza del patrimonio, della memoria, dell’educazione e della cultura. Il mio ruolo oggi è far sentire al pubblico l’ appartenenza a questo incredibile patrimonio.

Quest’ultima riflessione di Suzana mi ha richiamato le parole di Giulio Rizzo nel libro “Il giardino privato di Roberto Burle Marx” (Gangemi Editore): “…ogni pianta, ogni fiore, ogni sasso ha una sua logica e una sua ragion d’essere. Nulla è casuale, tutto è armonico. E come in un giardino perfetto il pensiero, il lavoro, la natura e lo spirito si mescolano con il disegno, le tecniche e le leggende, che trasmettono l’anima delle piante e la loro relazione ancestrale (vorrei dire biblica) con gli uomini. Un luogo cosí esige rispetto, deve essere tramandato nella sua interezza fisica e spirituale.”