Raccontare di Rio de Janeiro, per me è come raccontare della mia seconda patria, della mia seconda pelle.
Una parte del mio cuore batte a ritmo di samba e nella mia anima si agitano le onde dell’oceano. Come un giorno ho scritto nel mio libro di poesie “nella mia anima Mediterraneo e Atlantico si confondono.” In quegli occhi neri che incrociano i miei, nella lingua, negli odori, nei contrasti, io mi sento a casa. Una parte di me appartiene a questa città meravigliosa, a Cidade Maravilhosa, come Rio viene comunemente chiamata. Ed è la sensazione che sempre provo già dal finestrino dell’aereo, quando Rio de Janeiro mi appare in basso come un intarsio paesaggistico di verdi cime che s’innalzano tra mare blu e cielo azzurro, alternate a promontori, penisole, lagune e spiagge di sabbia bianca.
Rio de Janeiro sorge nella regione sudorientale del Brasile, adagiata poco a nord del Tropico del Capricorno, proprio nel punto di incontro di tre catene montuose che convergono verso l’Oceano Atlantico. E’ la seconda città più grande del Brasile, capitale dell’omonimo stato ed ex capitale del Paese. Da molti è considerata la città più bella del mondo. Dal 2012, il “paesaggio culturale” di Rio de Janeiro è iscritto nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.
Ammirando la bellezza dei luoghi dalla cima del Corcovado, dalla vetta del Pan di Zucchero o passeggiando attorno alla Lagoa, il lago a forma di cuore che si trova proprio al centro della zona Sul (la zona meridionale di Rio de Janeiro composta da diversi bairros, che delineano la famosa linea costiera di Rio), si riesce a capirne il perché.

Rio mi ha subito affascinata con il suo stile di vita, il calore, la spontaneità e lo spirito di festa della sua gente, si vive alla giornata a Rio: domani è già un futuro lontanissimo. E’ anche una città caotica, chiassosa, disorganizzata e spesso poco sicura.
Ma Rio va oltre i suoi problemi, ed è talmente generosa che accoglie, stupisce, meraviglia, incanta, strega direi!
Unisce i vantaggi di una grande città cosmopolita, il centro ricorda Manhattan con i suoi innumerevoli grattacieli, con la bellezza di un paesaggio tropicale fitto di montagne, spiagge, foreste -Rio de Janeiro è l’unica città al mondo ad avere una foresta pluviale all’interno del proprio territorio urbano-, cascate e aree selvagge incredibili!
Natura e urbanizzazione sfrenata si alternano continuamente: nell’arco di pochi minuti si può passare dagli svettanti grattacieli del centro, a zone verdi con palme imponenti e piante esotiche, uccelli variopinti e scimmiette, senza scorgere traccia di civiltà. La morfologia delle terre sulle quali si è sviluppata la città ha dell’incredibile, con il mare che l’abbraccia praticamente su ogni lato.
Anche storia e modernità si accostano una all’altra, con le cattedrali antiche affiancate a enormi palazzi di vetro, edifici storici accerchiati da quelli moderni, botteghe artigianali che affiancano realtà con sistemi di avanzata interconnessione.
Sovente ho sentito parlare delle contraddizioni di Rio, ma a mio parere, più che contraddizioni sono un improbabile, ma affascinante miscuglio. Lì si mescolano i cibi, i geni, le religioni, la gioia e la rabbia, la speranza e la saudade, i ricchi e purtroppo, i tanti poveri… la mata atlantica e il cemento in riva all’Oceano.
E ancora, da un lato le colorate favelas. Non esiste Rio senza favelas, perché queste zone, oltre a essere le più popolate, ormai rappresentano nel bene e nel male la parte più autentica della città brasiliana. Si estendono sulle colline e, ironia della sorte, guardano dall’alto in basso le case signorili, gli uffici, gli alberghi lussuosi.
Dall’altro lato, l’infinita e instancabile distesa dell’oceano; in mezzo la spiaggia, palcoscenico neutrale e naturale.

Roberto Burle Marx, architetto e paesaggista, ha saputo trasformare il marciapiede “la transizione che collega la città all’oceano” in un autentico progetto urbano, disegnando, come un tappeto, i venti chilometri di lungomare. Qui i disegni tracciati sul suolo accompagnano il passante e segnalano lo scorrere di pattini, biciclette, skate-board; indicano le soste dove bere il succo di cocco o semplicemente sedersi a chiacchierare.
Ho ancora molto da dire su Rio. Lo farò nei prossimi articoli, raccontando aneddoti, intervistando persone e, facendovi entrare in qualche casa, cercherò di portarvi dentro la mia Rio De Janeiro.