Isabella Collalto de Croÿ

È una cartolina continua il susseguirsi di colline che si rincorre ai piedi delle Prealpi, in quella porzione della pedemontana trevigiana che oggi è più nota come “colline del Prosecco”. Lo scenario d’altri tempi in questa fascia collinare della Marca ha una storia molto più lunga di quella del successo del vino più famoso del mondo, come testimoniano i numerosi castelli medievali che ancora oggi la punteggiano: possenti edifici sorti in luoghi strategici per ostentare potere e difendere territori, oggi divenuti alcuni dei punti più ameni per ammirare panorami incantevoli, tra suggestioni del passato e seduzioni del paesaggio.

Uno tra questi è il castello di San Salvatore (sec. XIII), con i suoi trentamila metri quadrati tra rocca e borgo fortificato. Da sempre e ancor oggi residenza della famiglia Collalto. Erede di questa storica tradizione è la principessa Isabella Collalto de Croÿ, primogenita del Principe Manfredo e della Principessa Trinidad di Collalto. Si, proprio come nelle favole: una principessa vera che vive in un vero castello!

Dopo la laurea ottenuta presso l’università di Trieste, Isabella Collalto ha lavorato per oltre vent’anni come interprete permanente presso la Commissione dell’Unione Europea e altre istituzioni comunitarie che l’hanno portata a missioni in tutto il mondo, incontri al vertice, consigli dei ministri, accompagnamento durante le visite di stato di leader internazionali.  È sposata con il principe belga Guillaume de Croÿ ed è madre di Emmanuel e Violette. Il 2007 è stato per lei l’anno di svolta, fu allora infatti che decise di dedicarsi ai vigneti e alla cantina ricevuti in eredità, rinunciando a una vita fatta di viaggi e di contatti ad alto livello per affrontare con dedizione e a tempo pieno questa nuova sfida.

Nella sua conduzione, spiccano l’attenzione per le innovazioni volte alla sostenibilità nella cura dei vigneti e la ricerca applicata alle caratteristiche qualitative del prodotto e del territorio. Nei vigneti della tenuta le piante non conoscono i glifosati mentre sono presenti 3 colonnine meteo per il costante monitoraggio delle condizioni atmosferiche per ridurre al minimo anche i trattamenti con zolfo e rame. E in cantina questa ricerca della naturalità continua anche nel rispetto della tradizione, si sono mantenute quindi le vasche in cemento, la bottaia non comprende barriques, ma tonneaux e botti grandi. Tra i principali obiettivi della principessa ci sono anche l’ottimizzazione delle risorse umane e l’ampliamento del mercato, soprattutto quello estero. L’azienda agricola si estende per 170 ettari a vigneto, produce 20 etichette e circa 850mila bottiglie all’anno. Tra i suoi prodotti anche grappa e olio.  

DIECI DOMANDE

Buongiorno Principessa, dopo un lungo periodo vissuto all’estero, è stato difficile per lei il rientro a San Salvatore? Il cambiamento di vita è stato drastico, da ogni punto di vista. Amavo moltissimo il mio lavoro di interprete, non conoscevo la realtà aziendale, i figli erano piccoli e in Belgio, fortunatamente mio padre era in azienda sostenendomi in quell’attività a me sconosciuta in tutto e per tutto. Mi è sembrato tuttavia giusto rientrare in Italia, se non altro per un certo periodo di tempo, per conoscere meglio la mia azienda, i miei collaboratori, la realtà locale. Così facendo, quel sentimento di appartenenza che era forse rimasto un po’ latente per tanti anni e il DNA sono prevalsi e la mia scelta, che immaginavo se non proprio temporanea, quanto meno a intermittenza, è diventata definitiva.

Quanto ha potuto trasferire dalla sua esperienza professionale precedente nell’attività attuale? Sapete come funziona il lavoro dell’interprete simultanea? Si ascolta l’oratore per qualche secondo, si inizia a tradurre mentre l’oratore procede nel suo discorso. C’è dunque sempre uno sfasamento di tempo rispetto a quanto viene detto, ma anche l’incognita di ciò che l’oratore sta per dire. Si è dunque sempre pronti a reagire a tutto quanto verrà, non si abbassa mai la guardia, si traduce. Se non si è certi di aver capito perfettamente si inserisce nell’interpretazione un elemento di neutralità in attesa di dare conferma di quanto detto dall’oratore. Il risultato è che non ci si può fermare o tirare indietro. Quando si è in ballo, cioè si sta traducendo, bisogna “ballare” cioè continuare nel migliore dei modi possibili, pronti a rettificare quanto tradotto, se necessario. Conclusione: sempre all’erta, mai tirarsi indietro ma agire con avvedutezza e precisione, avere la modestia di riconoscere qualora fosse necessario i propri errori e rettificare. Mi sembrano principi di sana gestione aziendale, ma anche un’attitudine personale direttamente mutuati dal mondo dell’interpretariato.

Dicono che Isabella Collalto sia una donna forte e tenace: principessa di titolo, donna imprenditrice nella realtà del quotidiano. Come si conciliano questi due aspetti? Non vi è alcun conflitto tra queste due situazioni. Il titolo nobiliare non ha di per sé alcuna ripercussione nella vita professionale quotidiana, contrariamente a quanto alcuni talvolta ritengono. Passato il momento di curiosità, stupore, sorpresa, anche diffidenza a seconda dei casi, il mio interlocutore si interfaccia poi con ciò che sono io come persona, con i miei pregi e i miei difetti. 

Secondo lei, cosa differenzia nella conduzione di una azienda agricola, la gestione da parte di una donna rispetto a quella di un uomo? Generalizzare è sempre pericoloso. Per quanto mi riguarda, penso di dare prova di grande attenzione, rispetto, sensibilità, empatia nei confronti dei miei collaboratori, un’attitudine quasi materna, di protezione nei confronti del capitale più importante dell’azienda, il capitale umano. 

Lei un giorno ha detto “la perseveranza di un’oculata gestione familiare è un aspetto rilevante per l’affidabilità di un’impresa”. Pensa che i suoi figli continueranno la lunga tradizione della cantina Collalto? Nonostante siano nati all’estero e all’estero abbiano vissuto e studiato, come è accaduto per me, il DNA non tradisce. Sono felice che facciano esperienze professionali all’estero, che conoscano un mondo diverso da quello italiano, anche dalla realtà aziendale, proprio per poter arrivare un giorno con un bagaglio di esperienze che non potrà che costituire un valore aggiunto, un arricchimento per la cultura aziendale e di impresa.

Qual è l’eredità che suo padre le ha lasciato e che lei ha voluto mantenere? In primissimo luogo l’eredità morale, la correttezza non solo nella forma ma soprattutto nella sostanza, il rispetto per il patrimonio che i nostri antenati ci hanno trasmesso di generazione in generazione, la cura, la difesa e l’amore per la terra e i suoi frutti, a beneficio di un’intera comunità e territorio nella consapevolezza e orgoglio di trovarci in un contesto naturale e geografico assolutamente privilegiato, addirittura unico. 

Quali sono stati i fattori chiave sui quali ha voluto puntare per il rilancio del brand? Storicità e tradizione accompagnate da innovazione e ricerca.

La cantina Collalto da parecchi anni organizza importanti eventi. Quanto è importante entrare in contatto con il territorio su cui si opera? Fondamentale! Non si può vivere avulsi dalla realtà che ci circonda, di certo non viviamo sotto una campana di vetro!

Dopo il riconoscimento Unesco delle colline di Conegliano Valdobbiadene, secondo lei è cambiato qualcosa rispetto al turismo? Facendo astrazione dalle necessarie considerazioni in merito all’emergenza sanitaria che sta caratterizzando tutto il 2020, il turismo diventa sempre più esperienziale, più slow, alla scoperta di un territorio, con le sue risorse e i suoi tesori artistici, paesaggistici, enogastronomici, sportivi, conviviali. Il turismo, secondo me, non è più “mordi e fuggi” perché il turista si sta sempre più trasformando in viaggiatore.

Immagino che lei sia anche una grande viaggiatrice. Cosa non manca mai nella sua valigia? Un buon libro!

www.cantine-collalto.it