La Locanda del teatro italiano

La Locanda da Lino nasce nel 1961 da un’idea di Lino Toffolin. In piena Dolce Vita diventa famosa per essere luogo di ritrovo di molti artisti e personaggi famosi dell’epoca come Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, il soprano Toti Dal Monte, il poeta Andrea Zanzotto, tanto da essere definita “la Locanda del teatro italiano”. Lino, dopo aver fatto esperienza all’estero e a Milano, approda come cuoco al mitico hotel La Posta a Pieve di Soligo e questa esperienza resterà in lui così tanto indelebile che deciderà di scegliere come simbolo portafortuna proprio il corno postale de La Posta. All’epoca La Posta era di proprietà di una cara amica del soprano Toti del Monte ed è qui e grazie a questa frequentazione che Lino stringe amicizie importanti nel mondo del teatro e dello spettacolo. Situata a Solighetto in provincia di Treviso, la Locanda da Lino è uno dei luoghi più affascinanti della regione: il connubio perfetto tra cucina, arte, cultura e relax. L’ambiente si sviluppa in più sale, e in estate è possibile gustare le specialità della Locanda al fresco, sotto un ampio porticato. 

Al primo piano, la Locanda offre anche 10 camere arredate secondo il gusto dei celebri ospiti che da Lino erano “di casa”: rosso shock per Marta Marzotto, con alle pareti i ritratti che le fece Renato Guttuso; minimal deco e un po’ francese per Marcello Mastroianni e uno stile più classico per Toti del Monte che qui ha abitato anche per lunghi periodi. Di Marta Marzotto, Marco Toffolin, figlio del celebre fondatore racconta: “Frequentava il ristorante da sempre, praticamente fin dagli inizi. Era molto amica di mio padre e si fermava spesso a mangiare quando si recava a Cortina. Nella locanda esiste ancora la camera a lei dedicata che, come allora, porta il suo nome. Fu lei ad allestirla a suo piacimento, scegliendo lo stile e il colore di pavimenti e pareti, oltre agli arredi. Ci mise anche foto di famiglia e gigantografie di Guttuso”.

Oggi la Locanda è gestita dai figli ed è uno di quei luoghi magici che è riuscito a conservare intatto il fascino della nostra storia dal dopoguerra ad oggi: dalle centinaia di pentole in rame appese al soffitto, al caminetto gigante per cucinare lo spiedo o le squisite carni alla brace, sino ai ritratti appesi alle pareti. Un luogo dove si possono ancora assaporare i piatti della tradizione con preparazioni che legano le materie prime del territorio alle tecniche di preparazione di un tempo, ma anche con sfumature aggiornate grazie all’esperienza di Marco nell’affrontare quotidianamente le esigenze della clientela attuale.

DIECI DOMANDE

La faccio tornare indietro nel tempo. La scelta di fare lo chef è dipesa dall’ambiente in cui è cresciuto o è un qualcosa di innato? Più che chef io amo definirmi un cuoco e la passione per la cucina è cresciuta nel tempo. Io sono entrato in cucina a 19 anni dopo aver fatto esperienza dal mitico Alfredo allo Sporting Club di Porto Rotondo negli anni 1975/76. In cucina ho avuto un grande e unico maestro, mio padre, ai suoi insegnamenti ho poi aggiunto nel tempo della farina del mio sacco.

Nella sua visione, quanto è importante l’aspetto imprenditoriale per chi sceglie di approcciarsi a questo mestiere? L’aspetto imprenditoriale è essenziale oggi, noi cuochi sognatori siamo in via di estinzione. Oggi l’estro e l’esperienza devono confrontarsi con i numeri per poter sopravvivere.

Nell’epoca di TripAdvisor, programmi televisivi e social, in cui tutti giudicano ristoranti e chef, com’è cambiato il rapporto con il cliente? Io cerco di rispettare la regola del “non giudicare”, non leggo le recensioni, mi condizionerebbero nel bene e nel male, ognuno di noi mangia e beve con la propria bocca. Un giorno mio padre mi disse: “non pensare di riuscire ad accontentare tutti i tuoi ospiti, sarebbe impossibile”. Quindi offro quello che faccio con il proposito di far passare del tempo piacevole attorno ad un tavolo degustando dei cibi semplici e genuini.

E il Covid, secondo lei, sta portando delle trasformazioni? Il Covid come è arrivato se ne andrà lasciandoci delle cicatrici addosso che resteranno nel tempo.

Il riconoscimento Unesco delle colline di Conegliano Valdobbiadene sta influendo nel suo settore? Viviamo in un territorio stupendo con bellezze naturali ed è una terra di grandi uomini, con questo riconoscimento il mondo se ne sta accorgendo.

La cucina è uno dei vostri punti di forza. Qual è l’ingrediente segreto che dà sapore ai vostri piatti? Nessun segreto nei nostri piatti, il cibo nasce dalle mani del cuoco e riflette il suo stato d’animo e il piacere per quello che fa. Se il cuoco cucina con passione l’ospite lo percepisce al palato.

Che cosa ha ereditato dall’esperienza e dalle doti umane di suo papà? L’umiltà di fare un mestiere difficile e duro, ma bellissimo.

La Locanda da Lino è da sempre un luogo di ritrovo di molti artisti e personaggi famosi, ci racconta un annedoto che le è rimasto impresso? Marcello Mastroianni passava lunghi periodi a Solighetto per prepararsi alla recitazione e non disdegnava le partite a carte in osteria o cantate in compagnia degli alpini del paese. Mangiava sempre sotto la cappa e quando il lavoro ce lo permetteva ci sedavamo con lui a cena, la grandezza della sua persona stava proprio nella sua grande semplicità. Toti Dal Monte ha vissuto 15 anni in Locanda, dove insegnava canto a studenti di tutto il mondo, anche lei aveva il suo tavolo davanti al camino sempre accompagnata dal suo cagnolino Dandy, le volevamo tutti bene era la Zia di tutti i ragazzi che lavoravano qui in locanda.

Si racconta che a volte qualche ospite importante “scappava” da Mességué per andare a mangiare da Lino, verità o leggenda? Di solito gli ospiti di Mességué venivano o prima o dopo la cura, anche perché in caso contrario sarebbero stati cacciati dalla struttura. Solo Mastroianni dopo un paio di giorni di cura si è autoespulso ed è tornato qui in Locanda e quella sera abbiamo fatto una gran cena con conseguente gran bevuta.

Guardiamo al futuro. Che novità “bollono in pentola”?Il futuro? Quello che accade nel mondo ci fa riflettere, credo che per fare un passo avanti dovremmo fare almeno 2 passi indietro e cominciare a rispettare la nostra “Madre Terra” che da sempre ci nutre.

http://www.locandadalino.it