Collezione Ducale, l’omaggio di Jesurum ai 1600 anni della città di Venezia.

Da oltre 150 anni Jesurum crea, produce e distribuisce nel mondo la biancheria per la casa più raffinata ed esclusiva “vestendo” non solo le residenze private, ma anche gli yachts e gli aerei privati dei suoi prestigiosi clienti. Nata a Venezia nel 1870 come laboratorio di merletto, Jesurum raggiunse rapidamente un successo internazionale con collezioni che conquistarono il mercato del lusso in tutto il mondo, aggiudicandosi nel 1929 l’importante Gran Premio all’Esposizione Internazionale di Barcellona grazie al merletto policromo, realizzato per l’appunto con filati di più colori. Ricami e corredi di Jesurum erano ambiti dall’aristocrazia europea e l’azienda divenne il fornitore ufficiale della casa reale italiana. Ma divenne anche fornitore di divi del cinema e di nomi del jet set internazionale e della politica che negli anni hanno scelto i suoi tessuti per arredare le proprie dimore: da Paul Newman a Elizabeth Taylor, da Henry Fonda a Henry Kissinger, passando per sultani ed emiri. 

Negli anni d’oro, a Venezia, la grande richiesta di personale qualificato per le lavorazioni del merletto fece moltiplicare i laboratori fra Burano, Pellestrina e Chioggia, con oltre tremila posti di lavoro per le merlettaie, spesso mogli e figlie dei pescatori che integravano il reddito familiare lavorando a casa. Oggi questo antico e famoso marchio veneziano di biancheria di lusso per la casa ha una nuova proprietà. A rilevare la storica manifattura sono stati: Paola Cimolai, discendente della dinastia pordenonese dell’acciaio, presidente e AD dell’azienda, la sorella Carla che segue la parte produttiva e Filippo Olivetti, AD di Bassani Group (società leader in Italia nei settori dei servizi turistici).

Tradizione, storia e preziosità.

Anche questa è una impresa di famiglia, la proprietà infatti, arriva da una zia, che aveva acquisito il marchio Jesurum dopo il fallimento del 2009, trasferendo la sede a Maron di Brugnera, nel Pordenonese. Ora la prospettiva è di un ritorno a casa, a Venezia, dove l’azienda ebbe origine. Incontriamo Paola Cimolai, che per sette anni è stata Amministratore Delegato di Cimolai Spa, lasciando poi l’azienda di famiglia per proseguire la sua carriera in Permasteelisa Group Nord America dove per cinque anni ha ricoperto il ruolo di Direttore Commerciale. Rientrata in Italia, per alcuni anni è stata Direttore Commerciale del Gruppo Mobil Project, uno dei principali General Contractor nel settore degli alberghi e negozi di lusso.

DIECI DOMANDE

Ciao Paola, cosa vi ha spinto a voler rilevare questo storico marchio? Era un marchio che conoscevo perché di proprietà di mia zia, la quale lo voleva cedere perché non aveva continuità aziendale, così non appena l’ho saputo, ho pensato che fosse un peccato che andasse venduto. Da lì ho iniziato a parlarne con Filippo e Carla ed entrambi erano interessati ad avere una eventuale quota, Carla perché conosceva l’azienda che le era da sempre piaciuta, Filippo essendo veneziano amava l’idea di portare avanti un brand storico della sua città. La trattativa è durata quasi due anni in tempo di covid e la scelta è stata difficile non avendo una visibilità sul futuro, poi ci siamo fatti coraggio perché crediamo fortemente in questo brand e, grazie anche alla Banca BPM che ha finanziato l’operazione, abbiamo potuto concludere l’acquisto a Marzo 2021.

Su quali fattori chiave state puntando per il rilancio del brand? Non direi che il brand necessiti di un rilancio, Jesurum ha già molti clienti esteri consolidati, direi piuttosto che puntiamo su un’espansione verso nuovi mercati e nuovi interlocutori. Siamo presenti a NY, Beverly Hills, Mosca, Kiev, in Grecia ed altri Paesi, ma abbiamo ancora molti potenziali mercati dove riteniamo che il nostro brand possa funzionare. Ad oggi Jesurum ha clienti prestigiosi come Case Reali, principi, grandi imprenditori e famosissimi interior designer. La vecchia proprietà non aveva interesse ad ingrandirsi quindi ha mantenuto la stessa dimensione che comunque aveva sempre buoni margini, noi invece puntiamo ad una crescita, ad un raddoppio del fatturato in cinque anni.

Quali sono i vostri prossimi progetti di sviluppo? I nostri obiettivi sono sia di crescere nei settori BtoB e BtoC, quindi attraverso interior designer arrivare a progetti speciali, sia di espandere i punti vendita. Abbiamo un marchio per bambini Baby J appena nato che stiamo sviluppando, e iniziamo ora ad affacciarci al settore alberghiero con una linea dedicata. In sei mesi abbiamo aperto un nuovo spazio monomarca in franchising a Kiev, e un nuovo punto vendita a Lugano.

Un tema che so starvi particolarmente a cuore è l’importanza di investire in sostenibilità ambientale. Quali sono le iniziative intraprese a tale scopo? Noi usiamo tutte fibre naturali, le lavorazioni vengono realizzate in Italia con il massimo rispetto dell’ambiente, le materie prime sono tutte certificate OEKO-TEX standard 100 che garantiscono un prodotto di qualità nel rispetto della salute del cliente e dell’ambiente. Siamo un brand “all Made in Italy”.

Jesurum viene venduto a New York, Beverly Hills, Mosca, in Ucraina e altri punti vendita in Europa sono a Parigi, Montecarlo, Cannes, Atene. Quali sono le principali differenze con il mercato italiano? Devo ammettere che l’unica cosa che differenzia i mercati è il tipo di prodotto. Noi abbiamo due linee, una classica fatta con merletti ed una contemporanea caratterizzata da ricami moderni; alcuni mercati, come la Russia, prediligono il merletto, altri invece preferiscono collezioni moderne. La maggior parte del fatturato poi è fatta dal prodotto Bespoke, prodotto che disegniamo e creiamo appositamente per il cliente secondo i suoi desideri.

Secondo te, l’effetto Covid ha avuto un peso anche nel settore del lusso? Personalmente non abbiamo visto un calo, anzi; nel nostro settore c’è stata ancora più voglia di arredare in modo prezioso le proprie case e barche. L’unico impatto significativo dovuto al covid è stato l’aumento sproporzionato del costo delle materie prime e a volte, la scarsità delle stesse.

Imprenditrice, mamma e moglie. Come riesci a conciliare tutti questi aspetti della tua vita nel quotidiano? Devo ammettere che a volte non è semplice. Ho firmato il preliminare che ero incinta di sette mesi e l’acquisto delle quote quando Olimpia, mia figlia, aveva appena due mesi; l’ottimizzazione del tempo e l’organizzazione sono fondamentali, in più come ti dicevo, mia sorella è socia come Filippo, ma lei è operativa in azienda e mi dà un aiuto fondamentale. Trovare l’equilibrio tra vita di coppia, mamma e lavoro è una sfida continua e forse è il bello di tutto ciò.

Oggi guidi una realtà al 100% femminile, secondo te, qual è il contributo originale e distintivo che le donne portano all’impresa rispetto a un uomo? Proprio perché le donne hanno una dote innata multitasking, la maggior parte è anche mamma e moglie e credo che questa sia sicuramente una dote che permette una gestione delle attività più efficiente.Inoltre, credo molto nella qualità dell’ambiente aziendale, una persona felice nell’ambiente di lavoro rende sicuramente di più, noi tutte donne abbiamo questa fortuna.

Quanto hai potuto trasferire dalle tue esperienze professionali precedenti nell’attività attuale? Anche se ho sempre lavorato in un settore completamente diverso (costruzioni), devo ammettere che ci sono molte caratteristiche comuni. Ad esempio, il lavoro a commessa, i processi produttivi, i contatti nel mondo dell’architettura e molto altro. Non pensavo ci fossero tutte queste somiglianze, ma man mano che passa il tempo in azienda mi rendo conto di quante più esperienze passate siano applicabili anche in un settore completamente diverso.

Amazzone, sciatrice e surfista. Quanto è importante lo sport nella vita? Lo sport è la mia vita, è ciò che mi definisce, è il respiro dopo una lunga apnea, è ciò che mi rende felice, allegra e piena di energia. Non posso immaginare una vita senza sport, l’adrenalina e quel vuoto mentale che solo lo sport o la meditazione ti danno sono per me diventati irrinunciabili; certo le priorità ora sono la famiglia e l’azienda, ma mi ritaglio sempre qualche ora per lo sport. L’altra sera c’erano onde a Punta Sabbioni e sono andata a surfare, si è vero, ho tolto tre ore del tempo che avrei dedicato a mia figlia, ma quando sono rientrata avevo felicità ed energia da vendere e penso che una mamma felice faccia una bimba felice. Credo che l’educazione venga con l’esempio e dato che ritengo che lo sport sia una scuola di vita spero che anche Olimpia si appassioni a qualche sport vedendo me e il suo papà sempre impegnati a fare qualche sciata o arrampicata. 

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