La storia di un vino che ha cambiato il modo di intendere le bollicine
Il Prosecco si conferma ancora una volta leader del settore vinicolo italiano, oltre che motore dell’economia trevigiana. Seppure in un momento storico senza precedenti, con un calo dell’export dovuto al fattore pandemia, l’andamento della domanda sia nazionale sia internazionale per questo prodotto rimane positivo. Secondo l’UIV, Unione italiana vini, il 40% del totale dell’export per gli spumanti italiani a volumi è costituito da Prosecco. Risultati straordinari per una denominazione che sta guidando poderosamente l’export delle wine bubbles made in Italy nel mondo e che vale oggi mezzo miliardo di dollari di esportazioni. Oltre all’Europa, proseguono i progetti di “Pacific Prosecco” per le attività di sviluppo in Giappone e in Canada e per le promozioni in Cina e nell’Asia sud-orientale, territori che vanno ad aggiungersi agli “storici” paesi obiettivo: Usa, Canada, Russia.
Il Prosecco d’altronde è uno dei vini italiani più conosciuti al mondo, in Australia c’è persino una strada ad esso dedicata, la King Valley Prosecco Road e in Brasile è nato di recente un Prosecco brasiliano, fatto da gente di origine veneta, con uva veneta, ed elaborato, dopo aver imparato a spumantizzare in cantine venete, secondo il metodo veneto. La sede è a Nova Padua (guarda caso!), nel Rio Grande do Sul e il nome è un omaggio a Padova e ricorda le famiglie venete che colonizzarono quella zona nella seconda metà dell’Ottocento.
Ma qual è la storia di questo vino spumante che ha cambiato il modo di intendere le bollicine e che piace così tanto anche ai giovani grazie all’ottimo rapporto qualità-prezzo e alla sua presenza in cocktail come lo Spritz e il Bellini?
L’origine di questo vino si perde nella notte dei tempi, e si dice sia riconducibile a quel vino Pùcinum tanto decantato da Plinio il Vecchio (23 – 79 d.C.) nella sua Naturalis Historia del primo secolo d.C. e dallo stesso esaltato per le sue virtù medicinali che permisero a Livia, Imperatrice e moglie di Augusto, di raggiungere a quel tempo la veneranda età di 86 anni.
Ma è il 1868 l’anno di svolta allorché Antonio Carpenè, seguendo il suo sogno di riuscire a produrre anche in Italia un vino spumeggiante e festoso come lo champagne, che fino allora solo i Francesi sapevano fare, fonda lo Stabilimento Vinicolo Trevigiano con annessa distilleria a vapore, come recita un’insegna di fine Ottocento. Fu così che Antonio riuscì a portare a termine quella che lui stesso considerava la sua missione: fondare una società con l’obiettivo di fornire al consumatore vini di alta qualità della Marca Trevigiana. La Carpenè Malvolti fu la prima in Italia a produrre spumanti, utilizzando sistemi qualificati e scientificamente controllati e non empirici come era uso all’epoca. Ed è sempre ad Antonio Carpenè che va il merito per il perfezionamento del metodo Charmat in Italia, applicato con decisive ed importanti modifiche al Prosecco. L’introduzione della denominazione «Prosecco» in etichetta, va invece riconosciuta a Etile Carpenè che nel 1924 ebbe la grande intuizione di chiamare il vino con il nome del vitigno (allora chiamato Prosecco) e di riferirlo ad un preciso Territorio di provenienza, le colline di Conegliano e Valdobbiadene in provincia di Treviso nel Nord-Est d’Italia, anticipando di oltre mezzo secolo il riconoscimento della Denominazione di Origine.
Oggi le tipologie del Prosecco sono essenzialmente tre: spumante, frizzante e tranquillo a seconda del perlage. Il Valdobbiadene Superiore di Cartizze invece è la tipologia più elevata, un vero è proprio cru, che per la qualità dei terreni, l’altitudine, l’esposizione e il particolare microclima, da sempre produce vini d’eccellenza. La collina di Cartizze, compresa tra le frazioni di San Pietro di Barbozza, Saccol e Santo Stefano, rappresenta uno splendido anfiteatro naturale di vigneti, con un sottosuolo costituito da marne arenarie ed argilla che consentono alle uve Glera di raggiungere un’eccezionale concentrazione di aromi.
Ottobre 2020 sarà un’altra data importante: il Prosecco Rosé farà il suo debutto sul mercato italiano, non senza suscitare qualche polemica da parte di puristi e tradizionalisti, ma il Presidente del Consorzio, Stefano Zanette è entusiasta: “Sarà un modo molto interessante” dice “di diversificare l’offerta. Credo che sarà possibile produrre, dopo la vendemmia del 2020, dai 15 ai 20 milioni di bottiglie di rosé sui 464 milioni complessivi prodotti nella denominazione Prosecco Doc e andrà bene anche all’estero, soprattutto negli Usa”.
Da questo breve excursus si intuisce come, anche nella produzione di questo vino, la ricerca e lo sviluppo di progetti sempre nuovi sia inarrestabile a testimonianza di una volontà di offrire un prodotto di alta qualità per i palati più esigenti di tutto il mondo.