BIANCA ARRIVABENE
Racconta che non è stato amore a prima vista, ma a vederla passare per i canali con la sua Arrivatopa, Bianca sembra essere nata sull’acqua. D’altronde, a Venezia, lei ci vive da 30 anni ed è stata la “stregoneria della luce, dei palazzi e dell’acqua di Venezia” che l’hanno conquistata. Nata e cresciuta nella campagna toscana, arriva nella città lagunare per sposare Giberto che, proprio come nelle favole, aveva conosciuto in occasione di un gran ballo di carnevale a Palazzo Pisani Moretta. E questo sì che dev’essere stato proprio un amore a prima vista! Era il 1985. Bianca è figlia di Amedeo di Savoia-Aosta e Giberto di Leonardo Arrivabene Valenti Gonzaga, si parla di loro come una delle coppie più aristocratiche del mondo. Dopo il matrimonio si stabiliscono dapprima in una mansarda affacciata sui tetti, poi all’ultimo piano di Palazzo Papadopoli affacciato sul Canal Grande dove hanno cresciuto i loro cinque figli: Viola, Vera, Mafalda, Maddalena e Leonardo. Dal 2013 il palazzo è stato ristrutturato e trasformato nell’Aman Venice Hotel, uno dei più lussuosi in città.
L’ aspetto di una ragazza, lo stile informale -jeans, camicia e All Star- Bianca Arrivabene ha mantenuto il suo look restando fedele a sé stessa. A tal proposito racconta: “Ho sempre lo stesso, meraviglioso monocappotto di Prada. Dopo 10 anni, era un po’ andato, ma sono stati così gentili da rifarmelo uguale. Quando sono con mio marito, il contrasto non potrebbe essere maggiore: lui è sempre un gran signore, elegantissimo, io sembro una stracciona”. Appena diciottenne, terminati gli studi, inizia a lavorare da Cartier a Parigi e, una volta trasferitasi a Venezia, lavora per un periodo per l’Unesco. Oggi è vicepresidente di Christie’s e ambassador nel cuore della città. Ma non basta, Bianca è anche socia di A Consulting, società di consulenza che fornisce servizi in ambito logistico per l’organizzazione di eventi sul territorio veneziano ed è CEO di Giberto Venezia che dal 2005 produce opere d’arte e oggetti in vetro per la casa, disegnati da suo marito.
Di Venezia dice: “è una città in cui vengono a vivere persone interessanti, che fanno cose interessanti, e parlano di cose interessanti”.
Nel tempo libero, da vera veneziana, ama esplorare la città, spesso come si è detto a bordo della sua barchina, che i veneziani chiamano “topa”, e che i suoi figli hanno battezzato “Arrivatopa”, per esempio arrivando fino a Murano, alla fornace del vetro di Giorgio Giuman dove vengono realizzati alcuni pezzi della collezione di suo marito. Quando a Venezia si tiene la Biennale Arte, in qualità di vicepresidente di Christie’s ha modo di incontrare alcuni tra i collezionisti più importanti del mondo a cui le piace mostrare quei luoghi della città in cui l’arte si è espressa ai massimi livelli fin dai secoli passati, dalla Scuola Grande di San Rocco alla Chiesa dei Gesuiti, “coi marmi così finemente decorati da sembrare stoffe”, la chiesa di Sant’Elena “che custodisce le spoglie della madre dell’Imperatore Costantino” oppure la Scuola Grande dei Carmini.
DIECI DOMANDE
Buongiorno contessa, partiamo da Venezia… come le sembra stia reagendo la città di fronte a questa pandemia? La situazione creata dal coronavirus può essere un’opportunità di rilancio sostenibile? Stiamo tutti stringendo i denti, io sicuramente mi sento una persona privilegiata, ma la città sta soffrendo. C’è bisogno di nuove regole, di nuovi schemi per il rilancio, per non ritrovarsi un’altra volta vittime della monocoltura turistica. Non so se questo sarà possibile, anche se la chiave della millenaria sopravvivenza di Venezia è stata proprio la sua capacità di rimodularsi continuamente in base alle sollecitazioni più diverse… credo poi che quando tutto questo passerà saremo tutti talmente felici e sollevati che ripartiremo alla grande come noi italiani sappiamo fare e troveremo sicuramente una nuova vita dopo questo inciampo.
In questi 30 anni di vita a Venezia, com’è cambiata la città ai suoi occhi? È cambiata moltissimo, si è evoluta sulla base di un modello che ormai si replica in tutte le grandi città, modernizzandosi. Per esempio, oggi ci sono dei supermercati, gli immobili sono mantenuti più in ordine e non lasciati andare, dando alla città un aspetto sicuramente meno decadente, ma forse anche meno poetico.
Lei è nata in Toscana, qual è il legame che ha mantenuto con questa terra? Quando d’inverno scendo dal treno a Firenze, mi tolgo il cappello di lana, la sciarpa e i guanti perchè là fa sempre più caldo e il clima è meno umido io mi sento felice… e il cielo è sempre un cielo più alto.
Prima di incontrare colui che sarebbe diventato suo marito, quali erano i progetti di Bianca? Non ho fatto tempo a desiderare di sposarmi, di avere dei figli, che era già successo… Ho una famiglia e una vita così bella che ringrazio ogni giorno per tutto questo.
Lavoratrice, mamma di cinque figli e moglie. Come riesce a conciliare tutti questi aspetti nel quotidiano? Vivo la giornata facendo quello che c’è da fare con molta positività.
Lei è vicepresidente di Christie’s, la crisi che stiamo vivendo secondo lei penalizzerà il settore del lusso? C’è stato un ridimensionamento dei codici, una metamorfosi ed è successo quello che sarebbe successo tra 25 anni, in tre mesi. Per quanto riguarda Christie’s, è una società solida, sana e con persone di spessore e la pandemia sembra avere una ricaduta meno pesante di quanto annunciato nei primi mesi dell’anno a guardare i dati autunnali. Per le case d’aste, ma anche per altri settori del lusso. La parola chiave per non essere penalizzati: out of the box.
Ha partecipato a delle conferenze per la sensibilizzazione della cultura di impresa al femminile e per la riflessione sul ruolo e sulle competenze delle donne che occupano posizioni di vertice nel mondo del lavoro. Secondo lei, qual è il contributo originale e distintivo che le donne portano all’impresa rispetto a un uomo? Le donne sanno affrontare le questioni pratiche con immediatezza e buonsenso e ancora, rispetto agli uomini, hanno molta energia dettata forse anche dall’ambizione.
Palazzo Papadopoli è stato trasformato nel 2013 in Aman Venice Hotel. Si sente più custode o interprete di cotanta bellezza? Mi sento forse più un Caronte… siamo arrivati, lo abbiamo amato da subito e sostenuto e poi, aperto e condiviso. Speriamo che tutti possano gioire di questo, è un luogo che trasmette una grande energia, un posto bellissimo.
Immagino che lei sia anche una grande viaggiatrice.Qual è il luogo che le è rimasto più nel cuore? Per me sono molto importanti le luci… la Grecia direi e il Sudamerica.
E per finire, la domanda di consuetudine. Cosa non può mai mancare nella sua valigia? Mi basta poter fare la valigia…
Cover Photo Credits: Antonio Monfreda
Article Photo Credits: Eric Martin / Figaro magazine et @photoericmartin